Crescere un bambino non è senz’altro compito semplice. Nella vita quotidiana, oltre alle difficoltà pratiche e organizzative, spesso ci dimentichiamo che i nostri figli provano emozioni molto intense, a cui non sanno ancora dare un nome.

Il bambino inizia ad esprimersi a partire dalle sue emozioni: nasce piangendo, sorride di piacere già a pochi mesi, mostra disagio se la sua figura di riferimento si allontana, si arrabbia se lo si tiene costretto.

È compito del genitore imparare a conoscere il linguaggio emotivo del proprio figlio, poiché pianti, “capricci” apparentemente inspiegabili, ma anche eccessivi silenzi possono essere messaggi lanciati come segnale d’allarme.

L’attaccamento favorisce la sintonizzazione

Studiosi come John Bowlby e Mary Ainsworth hanno posto le basi della Teoria dell’Attaccamento, secondo la quale i bambini sono predisposti biologicamente a chiedere aiuto e a sviluppare attaccamento nei confronti di chi si prende cura di loro e, contemporaneamente, le madri sono programmate a rispondere.

La risposta della madre, infatti, garantisce lo stabilirsi di un legame sicuro, che sarà alla base di tutti i rapporti che il bambino sarà in grado di stabilire durante la sua vita.

L’attaccamento sicuro favorisce anche la sintonizzazione emotiva, poiché l’intimità garantisce una migliore comprensione reciproca.

Le emozioni del bambino e quando si manifestano

Gli studiosi concordano sul fatto che ci siano quattro emozioni principali, a cui possono essere ricondotte varie sfumature: gioia, tristezza, paura e rabbia.

Nel bambino piccolo, la gioia si manifesta primariamente nel rapporto simbiotico con la mamma e successivamente nella condivisione nella diade e nel gruppo dei pari.

La tristezza compare in seguito a una separazione o a un lutto, o in caso di carenza di attenzioni.

Le paure compaiono in modo forte verso i 4-5 anni quando il bambino inizia a misurarsi con la sua “aggressività”, ma ha anche paura di se stesso e di essere punito: affiorano principalmente di notte, quando è al buio, o da solo.

La rabbia manifesta un disperato tentativo di coinvolgere l’adulto, soprattutto a partire dai 2 anni, età in cui i bambini tendono naturalmente all’autonomia ma ne sono anche spaventati.

Emozioni “difficili” da sperimentare

Manifestazioni forti di tristezza e paura non vanno sottovalutate poiché la tristezza inconsolabile può sfociare nella depressione e necessita di un aiuto immediato. Così anche la paura va ascoltata, cercando di approfondirne le cause e i possibili eventi traumatici.

Tra tutte le emozioni, quella che più spaventa è la rabbia perché ci appare come eccessiva, spropositata, incontrollabile.

Tuttavia, è bene sapere che la rabbia è una tappa necessaria del processo di rinuncia, che permette di ritrovare l’equilibrio e accettare la frustrazione.

Il ruolo della rabbia

La rabbia dà al bambino la forza di affermarsi, per questo il genitore deve aiutarlo a “viverla” nel modo giusto e non a eliminarla.

Se accettiamo l’emozione, la verbalizziamo aumentando la consapevolezza del bambino, forniamo vicinanza fisica ai più piccoli o canali più funzionali di espressione per i più grandi, la rabbia viene contenuta e riorganizzata in modo efficace.

La vita di un bambino che reprime le emozioni dolorose: disturbi emotivi e relazionali

Reprimere le proprie emozioni è molto stressante e faticoso: si genera una pressione interna percepita dal bambino stesso come qualcosa di orribile e che si può manifestare con disturbi emotivi e relazionali.

L’esigenza di scaricare la tensione diviene sempre più forte, portando a “scariche emotive” improvvise: scoppi d’ira, ansia, disordini nel comportamento e nell’alimentazione, sintomi fisici, incubi, paure eccessive, agitazione, isolamento.

Spesso i bambini decidono di tenere per sé le proprie emozioni per paura di ferire se stessi o gli altri, o di perdere il controllo. Questo può avvenire in modo consapevole, soprattutto nei bambini più grandi, ma anche in modo inconsapevole nei bambini piccolissimi.

Un momento stressante: la separazione dei genitori

La separazione dei genitori è un evento che può essere vissuto in modo molto forte dai figli, che sollevano dentro di sé una serie di domande a cui non trovano risposta, e sentimenti contrastanti di paura, rabbia e tristezza.

Spesso questi bambini hanno nei confronti dei genitori o dei fratelli reazioni forti di insofferenza e nervosismo, derivanti dal disagio emotivo e relazionale che sta vivendo.

Può essere utile un percorso di consulenza che sostenga i bambini in questo momento di passaggio delicato, dando loro uno spazio “fisico” in cui poter portare le proprie emozioni, e uno spazio “simbolico”, vale a dire qualcuno a cui spiegare i propri sentimenti.

Tramite momenti di visualizzazione emotiva, di riflessione guidata, e con l’impiego di materiale accuratamente predisposto viene data ai bambini la possibilità di esprimersi così da superare i momenti di disagio emotivo e relazionale che sta sperimentando.

Bambini che vivono un disagio emotivo: il ruolo dei genitori

Non sempre è possibile per un genitore riuscire a stabilire la “giusta distanza” e avere la “giusta lucidità” per intervenire in modo efficace nei momenti in cui le emozioni dei figli raggiungono picchi altissimi manifestandosi in vere e proprie situazioni di disagio emotivo e relazionale.

In queste situazioni, può avere senso richiedere un aiuto esterno.

Se il bambino è molto piccolo, i genitori possono richiedere una consulenza psicoeducativa in cui l’esperto, dopo aver accolto la richiesta, indirizza l’adulto a fare delle scelte educative mirate e consapevoli.

Tuttavia, se il bambino manifesta un disagio emotivo molto forte, è possibile iniziare un percorso di consapevolezza ed elaborazione delle proprie emozioni insieme a lui.

Può essere utile attivare un percorso emotivo se il bambino fatica a distinguere e a regolare le proprie emozioni, o quando eventi esterni – separazione dei genitori, inserimento in contesti sociali, nascita di un fratellino, lutto – innescano reazioni di paura, ansia, tristezza o rabbia frequenti e poco gestibili, momenti di disagio emotivo e relazionale.

In questi casi il percorso viene strutturato in base alle esigenze del singolo caso, concordato con i genitori e monitorato costantemente.

Vivere disagi emotivi a scuola: il ruolo degli insegnanti

All’interno del gruppo classe è possibile talvolta individuare degli alunni che hanno difficoltà a manifestare le proprie emozioni: c’è chi ha reazioni emotive eccessive lampanti, di rabbia o di tristezza, o chi si chiude in se stesso e non lascia trasparire nulla, nemmeno la gioia.

L’insegnante può sentirsi in dovere di segnalare questo disagio emotivo e relazionale alla famiglia, di comprendere insieme le possibili cause, e può consigliare alla famiglia di richiedere un aiuto psicologico esterno.