In questi mesi di isolamento sociale e didattica a distanza molti genitori si trovano coinvolti in misura maggiore nel supporto all’attività scolastica dei figli e possono osservare più da vicino i punti di forza ma anche le eventuali difficoltà che i bambini stanno incontrando nel loro percorso.

Ma come distinguere una difficoltà temporanea, che verrà superata con il tempo e con l’esercizio, da un vero e proprio Disturbo Specifico dell’Apprendimento?

È importante, infatti, riconoscere il prima possibile la presenza di un DSA, per poter intraprendere tempestivamente un percorso di presa in carico e di potenziamento (i dati della letteratura scientifica sono infatti concordi nell’evidenziare che l’attivazione precoce di un percorso di riabilitazione garantisce una migliore evoluzione). Una presa in carico precoce riduce inoltre la probabilità che il disturbo generi ricadute secondarie a livello psicologico nei bambini, legate ai ripetuti insuccessi, e una attribuzione errata da parte degli adulti, che spesso ritengono che la causa delle difficoltà sia uno scarso impegno.

Vogliamo, quindi, fornire alcune indicazioni rispetto a quali sono i segnali a cui fare attenzione. Essi non costituiscono un elenco esaustivo di tutte le possibili difficoltà che incontra un bambino con DSA, ma rappresentano i campanelli d’allarme che è più semplice osservare anche per i genitori.

Lettura a prima vista lenta e/o scorretta 

La lingua italiana è una lingua ad ortografia piuttosto trasparente, in cui cioè alla maggior parte dei segni grafici (grafemi) corrisponde un solo suono (fonema); ciò rende l’apprendimento della lettura più semplice rispetto a lingue con ortografia maggiormente opaca (ad esempio l’inglese). Ne deriva che una buona percentuale di bambini dislessici mostra una lettura sufficientemente corretta ma lenta. È necessario, quindi, fare attenzione non solo alla eventuale presenza di errori di lettura ma anche al ritmo e alla velocità con cui un bambino legge.

Un altro aspetto cruciale sul quale porre attenzione riguarda il fatto che solo la lettura a prima vista è indicativa della reale capacità di decodifica del bambino. Molto spesso, infatti, insegnanti e genitori sono tranquillizzati dall’osservazione che la seconda volta che il bambino legge lo stesso brano procede in modo più sicuro e spedito. In realtà quando il bambino legge per la seconda volta lo stesso brano o legge un testo che ha sentito in precedenza letto da un compagno o da un adulto, la decodifica è supportata da processi di memoria, che permettono di anticipare il contenuto del brano. Per questo motivo la seconda lettura non è più indicativa della reale capacità di decodifica del bambino e non andrebbe considerata nel valutare la possibile presenza di dislessia evolutiva.

Presenza di errori ortografici

Una seconda spia alla quale fare attenzione riguarda la presenza di errori ortografici nella scrittura, qualunque sia il compito che il bambino sta svolgendo (copiatura, dettato o scrittura spontanea).
Naturalmente è necessario valutare il grado di gravità dell’errore ortografico, facendo riferimento anche al ritmo con il quale le complessità ortografiche sono state presentate nell’attività didattica.

Gli errori maggiormente gravi sono quelli cosiddetti fonologici, che modificano cioè il suono della parola. Rientrano in questa categoria, ad esempio, omissioni o aggiunte di lettere o sillabe (ad esempio il bambino scrive mecoledì per mercoledì) e scambi di vocali o consonanti (ad esempio il bambino scrive viore per fiore). In presenza di errori di questo tipo è bene attivarsi per un potenziamento già durante il secondo anno di scuola primaria.

Altri errori, invece, riguardano regole ortografiche che necessitano di insegnamento ed esercizio per essere apprese, ad esempio l’uso del grafema h all’inizio della parola (a/ha, anno/hanno), l’apostrofo, i grafemi omofoni non omografi (le parole con c e q). In questo caso è necessario attendere che tale regola sia stata oggetto dell’attività didattica e il bambino abbia potuto svolgere un’adeguata quantità di esercizio; se nonostante ciò gli errori persistono allora può essere un segnale di Disturbo Specifico della Compitazione (disortografia).

Difficoltà con le prime competenze numeriche

I primi segnali che possono indicare la presenza di discalculia evolutiva riguardano la difficoltà ad apprendere i numeri: fatica a contare insiemi di oggetti, difficoltà nel memorizzare la sequenza numerica nonostante il ripetuto esercizio, presenza di errori nell’abbinamento del numero al suo segno arabico, non immediata lettura dei numeri presentati tramite le dita (il bambino conta le dita per dire qual è il numero che gli state mostrando) e fatica nel memorizzare tabelline e amici del 10.

Mancata automatizzazione degli apprendimenti

Il concetto di difficoltà di automatizzazione è centrale per la comprensione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento e si riferisce al fatto che bambini e ragazzi con DSA faticano a rendere automatiche le nuove competenze, nonostante il ripetuto esercizio. Di conseguenza, ciò che spesso i genitori osservano è che il bambino inizialmente sembra aver acquisito una nuova competenza che gli è stata insegnata a scuola e che ha sperimentato tramite l’esercizio (ad esempio come effettuare un calcolo in colonna, come leggere l’orologio, ecc), ma è sufficiente non esercitare tale abilità per qualche giorno perché essa sembri dimenticata. Ogni volta che viene ripresentato nuovamente lo stesso compito è necessario, quindi, riprendere la procedura e ripassarla prima di poter effettuare gli esercizi.

Presenza di eccessiva stanchezza nel momento dei compiti e dello studio

In bambini con DSA le abilità di base di lettura, scrittura e calcolo non sono automatizzate e la conseguenza è che la loro esecuzione comporta attenzione e sforzo cognitivo. Per questo motivo, ogni volta che un compito scritto o lo studio implica la necessità di leggere (praticamente sempre!), scrivere o fare calcoli il bambino deve compiere uno sforzo doppio (quello necessario per svolgere l’esercizio più quello per l’abilità di base) e ciò lo porta a stancarsi più rapidamente e, di conseguenza, a manifestare un calo attentivo precoce.

Reazioni emotive intense al momento dei compiti

Un ultimo campanello d’allarme sul quale vogliamo soffermarci riguarda la presenza di reazioni emotive intense di carattere negativo in corrispondenza del momento dei compiti, soprattutto se quello stesso bambino non mostra le medesime reazioni in altri contesti.

Spesso uno studente in difficoltà è consapevole delle sue fatiche e non sa come spiegarsele. Ciò può generare idee negative rispetto al proprio livello cognitivo (sensazione di essere stupido) e vissuti di inadeguatezza. A seconda del proprio temperamento e delle reazioni degli adulti e dei compagni di fronte ai suoi fallimenti il bambino potrebbe reagire mettendo in atto comportamenti oppositivi per cercare di evitare lo svolgimento dei compiti oppure presentare un basso tono dell’umore e la tendenza a crisi di pianto e abbandono precoce del compito se questo appare troppo complesso.
 
Se leggendo questo articolo avete rivisto vostro figlio in uno o più dei campanelli d’allarme descritti il consiglio è quello di richiedere la consulenza di uno specialista per intraprendere, a seconda dei casi, un percorso diagnostico e/o un percorso di potenziamento delle abilità strumentali.