Di fronte alle manifestazioni di rabbia dei ragazzi, siano essi adolescenti o giovani adulti, capita spesso di sentire o pronunciare queste parole: “non dovresti arrabbiarti, sono cose che capitano” o “che reazione esagerata, cerca di trattenerti!”. Queste affermazioni nella maggior parte dei casi non fanno altro che incrementare quello stato di tensione, lasciando il giovane solo con la domanda: “come si fa a non arrabbiarsi?”.

Come ci insegna il celebre Inside-Out, la rabbia costituisce, al pari di gioia, paura, disgusto e tristezza, un’emozione primaria (anche gli animali provano rabbia!): è importante quindi rimuovere il pregiudizio secondo cui “è sbagliato arrabbiarsi”. La rabbia esiste perché è utile. La domanda da porsi può essere invece questa: come è possibile sviluppare un nuovo rapporto con la rabbia, rispetto ai due estremi di “trattenere” o, viceversa, “esplodere”?

Per imparare a gestirla in modo più funzionale, è fondamentale conoscerla meglio, più da vicino.

La rabbia emerge di solito quando ci troviamo di fronte ad uno o più ostacoli che impediscono il raggiungimento dei nostri obiettivi: è la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione. Se pensiamo al momento attuale, i giovani possono trovarsi di fronte a numerose limitazioni, personali e sociali, che impediscono persino le attività quotidiane (ad esempio andare a scuola o all’università, scambiarsi un abbraccio nei corridoi, incontrare gli amici, rimanere chiusi in camera perché positivi al tampone).

Chi trattiene la rabbia spesso ha paura che possa risultare distruttiva, rovinando ad esempio un rapporto di amicizia o sentimentale; viceversa, chi esplode descrive di frequente la sensazione spiacevole di “sentirsi fuori controllo” (a volte tremano le mani dalla rabbia!). Queste due posizioni hanno in comune l’idea che, una volta acceso, il “motore della rabbia” non sia più contenibile e rischi di andare “fuori giri”.

In realtà, conoscere direttamente la nostra rabbia ci aiuta a non arrivare a quell’esplosione tanto temuta. Come è possibile?  Il primo passo è quello di osservarsi e diventare consapevoli di provare rabbia in quel momento: possiamo aiutare i ragazzi a notare i cambiamenti nel corpo (es. mascella che si stringe, tensione nelle spalle, sentire caldo), osservare quali pensieri popolano la mente in quel momento (es. “lui ce l’ha con me”) e dare un nome a ciò che emerge a livello emotivo. Solo rendendosi conto che il “motore della rabbia” è acceso, è possibile riprendere in mano le redini della situazione: sviluppare consapevolezza aiuta a scegliere quando e come esprimere questa emozione.

Il punto quindi non è “non provare determinate emozioni” ma notare che ci sono, che hanno un senso rispetto alla situazione vissuta e che non necessariamente saranno esplosive. Arrivano e poi vanno. Di fronte alla dimenticanza di un amico, posso reagire scrivendo impulsivamente un messaggio, aggredendolo e rischiando di incrinare il nostro rapporto oppure posso scrivere il messaggio ma, notando la presenza della rabbia e i rischi di un’azione aggressiva associata, cancellarlo, parlarne con qualcuno e rimandare la questione: questo è ciò che fa la differenza!

Sentirsi in difficoltà nella gestione della rabbia è molto comune: con l’aiuto di un professionista è possibile osservare insieme cosa alimenta e surriscalda il “motore della rabbia” e comprendere come prevenire l’escalation che porta “fuori giri”.